giovedì 29 novembre 2012

UNITI IN DIFESA DEI SACCHETTI

Una coalizione di settore è nata per sostenere la causa dei sacchetti in plastica tradizionale presso i Parlamenti di Scozia e Regno Unito.
L'alleanza, che riunisce le associazioni FPA (Foodservice Packaging Association), PAFA (Packaging and Films Association), CPI (Confederation of Paper Industries) e BPF (British Plastics Federation, si è rivolta a Richard Lochhead (Scozia) e a Lord De Mauley (in Inghilterra) per allontanare ogni ipotesi di una tassazione obbligatoria sui cosiddetti shopper.
Barry Turner, direttore di PAFA, ha ribadito che non ci sarebbero prove a sostegno della teoria secondo cui una tassa sui sacchetti gioverebbe all'ambiente, rendendo i consumatori più responsabili nei confronti del territorio in cui abitano.
L'unione, che intende portare avanti il lavoro svolto dal Carrier Bag Consortium (CBC) di PAFA, ritiene che il governo e gli organi di stampa farebbero meglio a sottolineare l'impegno volontario dell'industria nel ridurre l'impiego di tali sacchetti piuttosto che aggiungere una tassa alla spesa dei consumatori.
"Intendiamo mostrare fattivamente all'opinione pubblica la convenienza e i vantaggi ambientali dei sacchetti e al contempo ricordare che ci sono obiettivi più pressanti da perseguire dal punto di vista della sostenibilità ambientale", ha affermato Peter Davis (direttore generale di BPF).
Secondo le organizzazioni aderenti all'alleanza, i principali marchi delle grandi catene di distribuzione non ritengono che i sacchetti abbiano chissà quale impatto sull'ambiente; sarebbe pertanto auspicabile l'estensione della riduzione volontaria di cui sopra.
La neo costituita unione si impegna a fornire a consumatori, industria e governo informazioni dettagliate sui sacchetti e sui loro effetti, nella speranza che si possa evitare una tassa obbligatoria.

lunedì 19 novembre 2012

IL 50% DEI RIFIUTI FINISCE IN DISCARICA

Si potrebbero creare migliaia di nuovi posti di lavoro, in Italia, se invece di buttare i nostri rifiuti in discarica attivassimo le pratiche di selezione e riciclo previste dalla normativa europea sulla raccolta differenziata.
Entro quest’anno dovremmo riciclare il 65% dei rifiuti, ma in Italia mediamente il 50% dei rifiuti finisce ancora in discarica. La notizia giunge dall'ISWA, International Solid Waste Association, evento tenutosi a Firenze dal 17 al 19 settembre 2012 e a cui hanno partecipato i principali esperti del settore della gestione dei rifiuti a livello mondiale.
La Commissione Europea avvisa che per smaltire 10.000 tonnellate di rifiuti in discarica sia sufficiente una persona, mentre se ne potrebbero far lavorare 10 se quegli stessi rifiuti prendessero la strada del riciclaggio.
Con una buona politica del trattamento dei rifiuti si potrebbe creare occupazione nel Sud Italia, area fortemente colpita dalla crisi finanziaria del mondo occidentale. In Sicilia, Molise e Basilicata la percentuale di rifiuti smaltiti in discarica arriva all’80% di cui la quasi totalità pre-trattati in Molise mentre il contrario avviene in Sicilia.
Tra le regioni che stanno procedendo più velocemente nella riduzione del conferimento in discarica ci sono l’Emilia Romagna con un ottimo -15% ottenuto con un mix di raccolta differenziata, trattamento meccanico biologico e incenerimento e la Puglia con un bel -9% merito del trattamento meccanico biologico.

Fonte:

ISWA

martedì 13 novembre 2012

BOTTIGLIE DI PLASTICA: UNA CAUZIONE DA 0.25 EURO PER RESTITUIRLE

Incentivare per ottenere una migliore e maggiore raccolta urbana dei rifiuti. Questa modalità di gestione dei rifiuti domestici potrebbe essere l'unica via d'uscita per quei comuni che a fatica riescono a sopportare gli alti costi della raccolta differenziata e il punto di partenza per molte di quelle amministrazioni locali che non hanno ancora attivato la raccolta differenziata. Nonostante i vantaggi che questa scelta comporta sia in termini economici, redistribuzione di reddito direttamente ai cittadini che gestiscono in maniera ottimale i rifiuti, e ambientale grazie alla sempre più affinata selezione di rifiuti alla fonte da destinare agli impianti di riciclo, nessuna amministrazione pubblica, per ora, sembra voler percorrere questa scelta. Possibile sia così difficile attivare un sistema libero di raccolta dei rifiuti di plastica facilmente individuabili? Se lo chiede anche il sottosegretario all'Ambiente Tullio Fanelli il quale pochi giorni fa ha avanzato la proposta di corrispondere un incentivo alla raccolta differenziata delle bottiglie di plastica durante il convegno “Non sprecare” al Festival della Scienza di Genova. L’importo da versare è stato individuato in 25 centesimi, che verranno restituiti al momento della restituzione della bottiglia.
Un incentivo alla raccolta differenziata della plastica che ricorda l’analogo provvedimento al vaglio del governo di Berlino, con un occhio in particolare rivolto verso l’obiettivo percentuale di riciclo a cui l’Italia ha stabilito di arrivare. Come ha riferito lo stesso Fanelli:"Il governo vuole fare come in Germania: quando le bottiglie verranno restituite, i 25 centesimi verranno ridati. Così si incentivano i cittadini a riciclare e si potrà raggiungere l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata sul territorio nazionale".

Sistema cauzionale? Si, almeno per i rifiuti facilmente individuabili

Incentivare la raccolta differenziata nel caso delle bottiglie di plastica potrebbe però fare la differenza in Italia più che in altri Paesi dell’Unione Europea. A dimostrarlo i dati 2011 sul consumo di acqua in bottiglia, per il quale gli italiani si confermano al vertice della classifica con 196 litri per abitante (primo posto in Europa e terzo nel mondo) a fronte di circa 6 miliardi di contenitori utilizzati.

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INTERVIEW: German plastics packaging


Ulf Kelterborn, head of IK business association, talks about plastic bag bans.

Against the background of the European Commission's consideration to ban plastic bags, Plasteurope.com spoke to Ulf Kelterborn to get his take on ongoing events.

Plasteurope.com: Are there any new insights in the European discussion on a possible plastic bag ban?

Ulf Kelterborn, IK a german business association
Kelterborn: IK defined its position on this matter a year ago. We believe that a ban on plastic bags constitutes a clear violation of both EU and international trade laws. This stance was recently confirmed by a European Commission study, according to which it would be judicially impossible to enforce such a ban. Interestingly, the study also found that national plastic bag bans implemented by EU member states like Italy for example are not compatible with EU jurisprudence.

Plasteurope.com: German environmental group Deutsche Umwelthilfe recently launched judicial proceedings against the country's large supermarket chains for labelling bioplastic bags as "biologically degradable" (see Plasteurope.com of 25.04.2012). What is IK's take on this matter?

Kelterborn: We carved out our position on this matter last year as well. At present, there simply is no material that degrades on its own within a short timeframe. Yet, this is exactly what the "biologically degradable" claim suggests. That is why it is quite legitimate to talk about consumer deception. Several supermarket chains have already responded by immediately withdrawing the bags.

Plasteurope.com: What do you think should be the focus of the ongoing discussion?

Kelterborn: There is no justification for banning or otherwise legally discriminating against bags made of conventional plastic. Countries should instead impose a fee on such bags, as is customary in Germany and other EU member states. Such a disposal charge would make sure existing littering problems are solved as efficiently elsewhere as they are in Germany. Another environmental initiative IK has recommended the industry to take, is to encourage consumers to use robust plastic bags several times.

Source: 


ANCHE IN GERMANIA SI SENTE LA CRISI

In base all'ultima rilevazione congiunturale dell'associazione tedesca IK, che rappresenta i produttori di imballaggi in plastica, questi ultimi risulterebbero alquanto pessimisti per l'andamento del fatturato nell'ultimo trimestre dell'anno 2012, che potrebbe registrare il livello minimo da due anni a questa parte.

Questa indicazione è assolutamente in controtendenza rispetto alle considerazioni di cauto ottimismo per lo stesso anno da parte dei produttori tedeschi di imballaggi in materiale plastico.

Secondo quanto riporta l’associazione di categoria, Industrievereinigung Kunststoffverpackungen (IK), le aziende interpellate nel 2011 mostravano aspettative positive sull’andamento del mercato nel primo trimestre dell’anno, superiori a quelle evidenziate all’inizio dello scorso anno sui primi tre mesi del 2011.

Quasi tutte le aziende di produzione di imballaggi industriali giudicavano la situazione economica tedesca “buona” o quanto meno “soddisfacente”. Le previsioni sull’evoluzione del fatturato erano però lievemente più caute: il 66% degli intervistati stimava una crescita delle vendite nel corso del trimestre, ma c’era anche un 20% che ipotizzava una contrazione del giro d’affari. Per quanto concerne l’export, un terzo circa delle imprese interpellate prevedeva una flessione rispetto ai livelli precedenti, mentre più consolidata era la fiducia sulla tenuta del mercato interno.


Nonostante il pacato ottimismo il direttore di IK, Ulf Kelterborn, aveva, già ad inizio del 2012, messo in guardia le aziende tedesche sulla spirale verso l’alto dei costi che sarebbe continuata a crescere anche nel corso di quest’anno. Circa il 40% delle aziende interpellate dall’indagine si aspetta infatti un incremento dei costi delle materie prime nel 2012, con conseguente riduzione dei margini di profitto.



industria imballaggi germania
Imballaggio tedesco di precisione, anche a tavola!

Ad un anno di distanza dalla rilevazione dell'ufficio studi IK, la problematica che colpisce maggiormente i produttori tedeschi di imballaggi si conferma il continuo incremento dei prezzi dei polimeri, che soltanto in misura limitata viene scaricato sui clienti finali, accompagnata dall'irregolarità delle forniture di materie prime.


Fonti: 



martedì 30 ottobre 2012

SVEZIA, COSI' EFFICIENTE DA IMPORTARE RIFIUTI!

Il riciclo meccanico, nel caso dei rifiuti di plastica, non può essere la sola soluzione alla gestione degli enormi quantitativi prodotti annualmente dai cittadini e da tutte le attività produttive collegate. Un esempio molto importante di gestione dei rifiuti è quella impiegata dalla Svezia in cui la politica di riciclo dei rifiuti è così efficiente che i termovalorizzatori sono a corto di materia prima. Questa è una dichiarazione di Catarina Ostlund dell'agenzia per la protezione ambientale svedese. Così il paese si è reso disponibile ad importare annualmente almeno 800.000 tonnellate immondizia dall'estero.

Napoli, non è "monnezza", è un aiuto per la Svezia
Nel 2010 la Svezia ha prodotto 465 kg di rifiuti urbani per ogni cittadino, l'Italia nello stesso anno è arrivata a 531 kg. I termovalorizzatori svedesi hanno un'importanza quasi vitale nell'economia del paese: generano il 20% del riscaldamento per 250.000 abitazioni svedesi ed edifici commerciali, con questo dato si può dedurre il motivo di tanto interesse per i rifiuti altrui.
Solo il 4% dei rifiuti urbani viene buttato. Il 36% viene riciclato o riutilizzato. In confronto, la media UE e' del 25% (italia 21%). Il 49% dei rifiuti finisce negli inceneritori per la produzione di energia: si tratta del dato più alto in Europa, dopo la Danimarca, contro la media europea del 22%.

martedì 23 ottobre 2012

LA DIFESA DEI SACCHETTI DI PLASTICA

I sacchetti di plastica da anni sono indicati come uno dei rifiuti più diffusi e dannosi tra quelli in circolazione. Negli Stati Uniti diverse città li hanno messi al bando negli ultimi mesi ma in California i sacchetti di plastica hanno trovato un difensore, racconta il Wall Street Journal, ed è un difensore atipico. Si chiamata Stephen Joseph e non è affatto una persona disinteressata all’inquinamento e alle sorti del pianeta: è un attivista, è democratico, fa lobbying in favore delle energie rinnovabili, è noto per aver costretto nel 2003 la Kraft a eliminare gli acidi grassi insaturi dai biscotti Oreo e per aver fatto causa a McDonald’s nel 2005 accusandola di scarsa trasparenza. Da qualche tempo dirige un sito che si chiama SaveThePlasticBag.com, salvate i sacchetti di plastica. I suoi amici e colleghi dicono che non lo riconoscono più.
Joseph fa propaganda a favore dei sacchetti di plastica e sostiene che abolirli fa aumentare la diffusione dei sacchetti di carta, che a suo dire sono molto dannosi per l’ambiente. Il punto di Joseph è questo: i sacchetti di plastica fanno male all’ambiente come un sacco di altri prodotti, tra cui i sacchetti di carta, che non ci sogniamo di abolire. Gli studi finanziati dall’industria della carta accusano i sacchetti di plastica; gli studi finanziati dall’industria della plastica accusano i sacchetti di carta. Bisogna scegliere il male minore.


Produrre sacchetti di carta, infatti, richiede più risorse e genera più emissioni di gas serra rispetto a produrre sacchetti di plastica. Joseph, inoltre, contesta l’esistenza dei famigerati agglomerati di sacchetti di plastica nell’oceano, accusa i gruppi anti-plastica di diffondere informazioni false o inaccurate e di ignorare i problemi collegati ai sacchetti di carta. Ha fatto causa a diverse città californiane che hanno emesso divieti sui sacchetti di plastica e ha minacciato di fare altrettanto con Santa Clara County, San Diego, Santa Monica, Mountain View, Morgan Hill, Palo Alto e San José, che si stanno muovendo nella stessa direzione. L’esito delle cause non è del tutto scontato: nel febbraio del 2009 Joseph ha vinto una causa contro Manhattan Beach. Altre città hanno commissionato degli studi i cui risultati invitano alla prudenza: ridurre i sacchetti di plastica può far aumentare le emissioni di gas serra. Alla fine della fiera, non è chiaro cosa faccia peggio all’ambiente.
Joseph sostiene che i sacchetti di plastica facciano meno male di quelli di carta ma sa che la sua è una battaglia persa. I sacchetti di plastica sono uno dei massimi simboli dell’inquinamento e lui si limita a dire che quelli di carta inquinano ancora di più: ma anche se produrre i sacchetti di carta dovesse comportare maggiori emissioni di gas serra, il problema della biodegradabilità non è aggirabile. Lui però tira dritto, le prova tutte, ogni tanto qualcuna gli riesce: e pazienza se i suoi amici ed ex colleghi non lo riconoscono più.

Per altre fonti: