
La storia, e in particolar modo la gestione degli imballaggi in plastica che diventano rifiuti è complessa e intricata.
Innanzitutto i rifiuti da imballaggio si suddividono in due macro categorie: urbani e speciali. Fanno parte della prima classificazione i rifiuti domestici, i non pericolosi, quelli provenienti dallo spazzamento delle strade e da aree verdi quali giardini, parchi e cimiteri. Vengono intesi come speciali, invece, i rifiuti da imballaggio derivanti da attività agricola, o agro- industriale, di demolizione e costruzione, da lavorazione industriale, artigianale, commerciale, sanitaria e di servizio, oltre tutta una serie di altre classificazioni definite per legge. (art. 184, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006)
Le due categorie di rifiuti si suddividono ulteriormente se si pensa al loro loro utilizzo. Questi, infatti, si suddividono in primari, secondari e terziari in base al loro campo di applicabilità.
Sono
primari tutti gli imballaggi che contengono direttamente la merce. Un
tipico esempio è la bottiglia d’acqua.
Gli imballaggi secondari sono
invece tutti quei manufatti che raggruppano un certo numero di singoli
prodotti pronti al consumo. Per esempio il film che contiene le sei
bottiglie d’acqua minerale che solitamente acquistiamo al supermercato.
Il 60% circa dei rifiuti sono di derivazione urbana mentre per il restante 40% si tratta di rifiuti speciali, in quanto derivanti da superficie privata (agricola, industriale, commerciale).